Fibre pericolose

FIBRE PERICOLOSE

 

FIBRE DI AMIANTO

Come tutti sanno l'amianto provoca malattie tumorali ed è quindi estremamente pericoloso. Il termine amianto è puramente commerciale, con esso si qualificano minerali di struttura fibrosa tenaci, resistenti ad attacchi chimici e termici, facilmente reperibili quindi, economici. Grazie a queste caratteristiche l'amianto che venne scoperto alla fine del 1800 entrò, dal 1950, prepotentemente nel mondo dell'edilizia e questo avvenne anche se già allora numerose ricerche mettevano in luce la sua tossicità.

Le microscopiche fibre possono essere facilmente inalate, una volta nei polmoni si depositano e non riescono ad essere smaltite perché come già detto esse sono molto resistenti. Tutto intorno alla fibra depositata, il polmone si atrofizza provocando L'ASBESTOSI cioè un crollo delle difese immunitarie ed una maggiore predisposizione al MESOTELIOMA, il tumore della pleura o al peritoneo.

Dopo una latenza (intervallo di tempo che intercorre fra l'inalazione ed il manifestarsi della malattia) di 30/40 anni molte persone che avevano lavorato a stretto contatto con l'amianto (miniere e cave estrattive) mostrarono i mortali effetti delle fibre.

Nel 1992 (naturalmente tardi) venne approvata la legge 257/92 che considera come potenzialmente pericolosi cioè amianti minerali quali la CROCIDOLITE, L'ANTOFILLITE, L'ACTINOLITE, LA TREMOLITE, L'AMUSITE per il gruppo degli Anfiboli ed il CRISOTILO per il gruppo del serpentino. Stabilisce inoltre quali devono essere le dimensioni di una fibra, che può essere naturale o artificiale, per non essere considerata amianto:

  • LUNGHEZZA <    5 um
  • DIAMETRO    >    3 um

Un millimetro (mm) = 1000 micron (um)

La fibrosità di un minerale deriva da una cinetica di accrescimento al non equilibrio perciò più che dalla sua natura chimica è causata dalle condizioni fisiche di contorno al momento della cristallizzazione.

Appare ovvio allora che i sei minerali citati prima possono non essere i soli esistenti in natura ad avere una struttura fibrosa! Negli anni '80 in alcune cittadine turche (Karain, Tuzkoy, Sarihidiz, Cappadocia) la mortalità causata dal mesotelioma toccava punte del 45%; una percentuale troppo alta per invocare la casualità. I medici inoltre rinvennero all'interno delle vittime fibre alle quali fu attribuita la causa scatenante dalla malattia. I geologi così andarono alla ricerca della fonte di queste fibre. Trovarono nelle vulcaniti tufacee la presenza di un minerale chiamato ERIONITE facente parte del gruppo delle Zeoliti. Questo minerale presenta una fibrosità molto spinta ed era diffusissimo in vene nei tufi che la popolazione usava per ogni tipo di costruzione. Anche questo minerale in conclusione deve essere considerato amianto al pari degli altri previsti dalla legge.

Analisi effettuate su alcuni campioni di tufo prelevati da una delle principali attività estrattive del comune di Sorano in località Piandirena attraverso l'utilizzo del S.E.M. (scanning elettronic microscope) hanno mostrato la totale assenza di cristalli macroscopici di zeolite e messo in evidenza invece alcune delle forme perfette create dalla natura come per esempio la superficie di sfaldatura della biotite.

                           Biotite                Ricristallizzazione aciculare su K-Feldspato

La totale mancanza d'informazioni inerenti i minerali che costituiscono la matrice (cioè la parte più fine del campione ma anche quella che lo costituisce per il 90%) attraverso il S.E.M. ha reso necessaria l'ulteriore analisi attraverso un difrattometro a raggi x.

I risultati ottenuti sono riportati di seguito:

        

Il difrattonamento usato è il tipo pw1710 based (in rosso) che per produrre raggi x si avvale di un anodo di rame (Cu) (in marrone) e di 40000v (in blu)

Con il difrattometro è possibile identificare dei picchi nelle intensità ad alcuni valori angolari a cui era posizionato il rilevatore. Grazie all'equazione di bragg ( n y = 2 d sen 2 & ) si può risalire alle distanze reticolari associate a questi picchi ( le distanze reticolari, sottolineate in rosso, sono espresse in angstrom. 1 A = 10¯6 mm ).

Visualizzazione dei picchi d'intensità misurati in funzione dell'angolo & a cui il rilevatore ruota attorno al campione precedentemente ridotto in polvere e colpito dal fascio di fotoni x.

Il software ci propone una lista di dieci minerali (in verde) scelti fra tutti quelli in memoria sulla base della probabilità di avere affinità con i pochi precedentemente descritti. gli score ottenuti (in azzurro) mostrano chiaramente ( 15,34 contro al massimo 3,89 ) come questi picchi sono causati dalla presenza di una struttura reticolare appartenente alla Chabazite 

        

Le distanze reticolari a cui la chabazite dovrebbe mostrare delle intensità caratteristiche sono perfettamente confermate dai dati sperimentali ( tratteggio rosso ).

Ma perché oltre a quelli causati dalla chabazite vi sono altri picchi ( se pur meno intensi ) sul diagramma?

Visto che essi dipendono dalla presenza di altri minerali, possono essere quelli caratteristici dell'erionite?

Possiamo confrontare le distanze reticolari a cui l'erinite dovrebbe mostrare i suoi picchi (in verde) con quelli sperimentalmente ottenuti:

salta subito agli occhi la mancanza del picco caratteristico ad 11,56a.

CONCLUSIONI

La mancanza di chabazite fra i fenocristalli ( quelli visibili ad occhio nudo ) non ci deve suggerire considerazioni errate. Questo minerale nella matrice costituisce la maggior parte del campione e deriva probabilmente da idratazione del vetro vulcanico.

La chabazite è una zeolite con formula chimica Ca2Al4Si8O24x12H2O di aspetto non fibroso e quindi non pericoloso.

I risultati ottenuti con i raggi x evidenziano la totale assenza di erionite ( KnaCa(Si14Al4)O36x15H2O ) all'interno dei tufi dell'attività estrattiva e ne sanciscono quindi la completa estraneità composizionale con quelli dei villaggi turchi.